sabato 30 ottobre 2010

Il silenzio non è assenza di rumore!

Pubblicazione a cura del Istituto Superiore di Sanità
 Concorso Il Volo di Pegaso 2010
"Le voci del silenzio" 
 
Il silenzio non è assenza di rumore!
di Diana Mayer Grego
 



Cala la notte, la città si calma, il buio avvolge ogni cosa, nelle strade deserte regna il silenzio.

È mattina la città si anima, sta albeggiando e le persone iniziano frenetiche la loro giornata, le strade prendono vita con il via vai di automobili, ognuno si appresta a rincorrere il proprio fare.

Vorrei uscire! Ma non saprei dove andare, ad incontrare volti assenti che abbassano lo sguardo? Ho deciso, per ora resto a casa! Magari esco più tardi, vado al cimitero e a comprare qualcosa da mangiare, che fatica! Forse incontrerò uno sconosciuto al quale racconterò la mia storia di dolore, quanta voglia ho di parlare, condividere, togliermi questo peso che porto dentro, il mal capitato si accollerà questo mio bisogno? Oppure scapperà a gambe levate non appena pronuncerò la parola rianimazione? Solitamente è così che accade. La maggior parte delle persone non sono sintonizzate sul canale dell’ascolto, soprattutto se la trasmissione in onda è centrata su “oggi parleremo di malattia e morte”, al primo stacchetto pubblicitario, basterà una distrazione, scusandosi per la fretta “devo proprio andare”; fanno bene a scusarsi per la loro mancanza.

Rimarrò sul divano ancora un po’. Giro per la casa, con la televisione accesa che emette suoni lontani dalla realtà, si parla di problemi, problemuccio al quale, puntualmente, arriva il lieto fine con festeggiamenti fuori posto per traguardi scontati. Cambio canale, eppur non cambia nulla. Avrei io qualcosa da raccontarvi, ma forse il mio “non” lieto fine è poco adatto? Eppure devo dire che una volta mi hanno chiamata in televisione, è stato bello condividere con gli altri il mio vissuto.

Lo zapping compulsivo comanda la mia mente apatica, seduta sul divano le ore passano, i giorni passano. Chissà se fuori c’è il sole? Forse piove!

Apro le finestre e mi affaccio, chissà forse passerà qualcuno che conosco e scambierò un semplice ciao? Ma fuori c’è il silenzio, per strada tutti camminano frettolosi a testa bassa, rincorrono la loro vita senza accorgersi che in realtà gli sfugge via.

Se si fermassero ad ascoltarsi.

“Cosa senti?”

“Silenzio!”

“Tutto il tuo correre dove ti porta?”

“Solo silenzio!”

Quanto tempo sarà passato da questa mattina? Lo stomaco gorgoglia, ho fame, sarà meglio che esca a comprare qualcosa, magari incontrerò qualcuno che conosco e non vedo da tempo. Un amico? Già riesco ad immaginare il solito dialogo.

“Ciao, ho saputo cosa ti è capitato.” lo sguardo basso a discolpa pensando «cosa avrei potuto fare?»

Io resterò lì ferma, impietrita e non riuscirò a professare verbo, infondo speravo di incontrare qualcuno, invece mi chiuderò nel mio silenzio che rimbomberà nella mia testa come una campana a morto.

Dopo una lunga pausa interminabile mi dirà “È terribile!” il suo sguardo si metterà a leggere la tabella del autobus e guardarsi attorno nella speranza di trovare qualcuno o qualcosa che lo liberi da questa situazione imbarazzante.

“Sai non ti ho chiamato perché non sapevo proprio cosa dirti” il suo sguardo si nasconderà cercando affannosamente qualcosa nella borsa, io guarderò la scena come stessi vivendo un film e penserò «Cosa volevi dirmi? Non c’era nulla da dire, magari potevi pensare che avresti potuto lasciar parlare me?» Cadrà il gelo del silenzio fra noi.

“Ora però stai bene vero? Ti vedo bene sai. Meno male che è tutto finito!” finalmente il suo sguardo incontrerà il mio e l’amico comprenderà in quel attimo di scambio umano che con quell’ultima frase mi avrà tappato la bocca. Mi avrà tolto la possibilità di parlare, di raccontare, di dire come mi sento. Riuscirò a malapena a rispondere mentre scapperò lontano «È tutto finito. Sono guarita.»

Ma, sono guarita?

Il mio corpo ancora porta i segni del martirio, CVC – CA – CV - TC sembra abbiano usato il T9 per scrivere la storia della malattia sulla mia carne.

I miei organi sono stonati, ma l’epatologo e il nefrologo sono ottimisti in un paio d’anni, se tutto va bene, dovrei tornare in perfetta forma.

La figlia che portavo in grembo giace al cimitero, uccisa dalla rara sindrome che ha colpito la sua mamma. Penso che fra i miei mille conoscenti, forse dieci sanno come si chiama la sindrome che mi ha colpito HELLP e di questi dieci, forse uno solo sa cosa significa, ma nessuno è a conoscenza di quello che ho passato, perché appunto, è passato! Fra il loro silenzio assenso e il mio tacere rassegnato.

Quanto tempo è passato? Lo stomaco non gorgoglia più, mi farò un thè! Aspetto che ritorni a casa il mio compagno di avventure, lui è un bravo ascoltatore, la mia ultima spiaggia prima di impazzire al canto delle sirene. Ho imparato da lui in questi anni a diventare ascoltatrice di chiunque mi rivolga la parola, il mondo è pieno di persone che hanno bisogno di parlare, io ascolto e imparo, traggo giovamento dal loro sollievo nel trovare orecchie che ascoltano.

Cala la notte, tutto tace, finalmente silenzio, quello sano!