venerdì 30 ottobre 2009

Sei volata via sulle ali di un angelo


Pubblicazione a cura del Istituto Superiore di Sanità
 Concorso Il Volo di Pegaso 2009
"Oltre l'ignoto" 
 
 
Sei volata via sulle ali di un angelo
di Diana Mayer Grego
 
Sono passati cinque anni da che sei volata via … sulle ali di un angelo.
 
Io e te, sole a lottare contro il vento.
 
Io e il tuo papà a lottare contro la vita, dura, difficile. Soli come due lacrime che rigano il viso.
 
Vorrei lasciare la tua anima gentile, aggrapparmi a questo mondo falso, fatto di inutile normalità. Dove il più debole viene nascosto, dove le tragedie vengono ignorate per paura di essere troppo coinvolti, travolti dalla sofferenza, dove la superficialità delle persone ferisce più della stessa tragedia.
 
Non è forse vero che i figli sono di chi li cresce? E madre è colei che li genera? Ma chi li fa e poi non li cresce? Chi è? Che fa?
 
Cosa deve fare una madre per sopravvivere a tale destino avverso?
 
Non nego che è stata forte la tentazione di lasciarmi andare al mio dolore, come una nave persa nelle nebbie, ma come posso rinunciare a vivere quello che il tempo vorrà ancora regalarmi? Un sogno, un dono o mille altri drammi? Da vivere con la stessa dignità di ora!
 
Ancora sto aggrappata alla tua manina gelida, inerme, con il cuore spezzato, felice nutrendomi del tuo ricordo, respirando ogni attimo di te, rivivo ogni istante quasi un’ossessione.
 
Come hanno potuto non accorgersi di quello che stava accadendo dentro il mio corpo? Non era mal di pancia! Il mostro cresceva dentro di me e nutrendosi del mio sangue, divorava il mio fegato e uccideva te, figlia mia che portavo in grembo.
 
Come hanno potuto le loro orecchie non sentire le mie grida di dolore e la mia richiesta implorante di aiuto?
 
Io sentivo che qualcosa non andava, io sapevo che il mio corpo non rispondeva come doveva, quei brividi sospetti la notte, come quando ti si alza la febbre, ma febbre non era. Quei sudori freddi, nemmeno dieci coperte riuscivano a riscaldare il mio corpo tremante.
 
Quel dolore lancinante che spezzava in due la mia schiena. Quei “blocchi” allo stomaco dopo aver mangiato che mi facevano rigettare tutto … “Io sto male!”
 
“Si, signora, è tutto normale, lei è solo e semplicemente incinta.”
 
“No … semplicemente non ascoltate che vi sto dicendo che qualcosa non va! Chi meglio di me, può conoscere il mio corpo? Non va! E non so cosa …”
 
Oltre al dolore fisico, sentivo l’impotenza dentro di me, mi sentivo dare della “fissata”, e una serie di colloqui con il personale addetto con il compito di capire cosa non andava nella mia mente, a “scacciare” le mie insensate paure.
 
Ah! Quanto avrei preferito avessero avuto ragione loro!
 
Stavo male e nessuno mi ascoltava, dentro di me frustrazione per non avere la dovuta attenzione, prigioniera del mio corpo e del silenzio assordante che mi circondava, avessi potuto cercare da sola cosa mi stava succedendo, invece ero lì, in balia degli eventi, nessuno capiva.
 
Quando la malattia prese il sopravvento e fu necessario il ricovero urgente in rianimazione, non vidi più i loro visi ben pensanti, niente più colloqui per sapere se la mia mente era sana, la risposta era lì – evidente – sotto gli occhi di tutti, purtroppo era il mio corpo ad essere malato, come tante, tante, troppe volte avevo ripetuto, invocando l’aiuto di qualcuno.
 
Che fosse così rara “la bestia”, da non riconoscerla, nonostante si mostrasse con segnali evidenti e cruenti?
 
Non li biasimo per il loro comportamento, nessuno avrebbe immaginato che fossi affetta da HELLP Syndrom, nessuno di loro l’aveva mai vista nella sua crudeltà.
 
Cosa sarebbe cambiato nelle nostre vite se avessero fatto più attenzione alle mie richieste di aiuto, se quella intuizione fosse avvenuta mesi prima … se … se … se …
 
Mi rendo conto che è sbagliato e troppe domande rimarranno insolute per sempre di se e di ma, son piene le fosse.
 
Penso a Catia che è stata in coma e ce l’ha fatta, penso a Paola che non c’è più … penso che la natura ci ha dato una bocca e due orecchie, per parlare meno ed ascoltare di più!
 
Rimango qui, fermo immagine, aggrappata al tuo dolce ricordo e ancorata alla mano forte del tuo papà, se la lasciassi, sarei persa nelle ombre e andrei alla deriva con la mia nave fantasma.